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Regime contributivo previdenziale e assistenziale

del contributo di solidarietà

L’art. 5, comma 5, L n. 236/1993, prevede che alle aziende non rientranti nel campo di applicazione della cassa

integrazione salariale che stipulano contratti di solidarietà, al fine di evitare riduzioni di personale, viene corrisposto un con-

tributo pari alla metà del monte retributivo da esse non dovuto a seguito della riduzione di orario. Il predetto contributo

viene ripartito in parti uguali tra l’impresa e i lavoratori interessati e il datore di lavoro può decidere di erogarlo in favore dei

lavoratori.

Il ministero del Lavoro, con interpello n. 33 del 22 dicembre 2015, ha precisato che la parte del contributo spettante

al datore di lavoro, qualora venga erogato ai dipendenti, non essendo espressamente escluso, concorre a costituire reddito

da lavoro dipendente e, in quanto tale, costituisce base imponibile sia ai fini fiscali che contributivi.

RISPOSTA del ministero del Lavoro a interpello n. 33 del 22 dicembre 2015.

Art. 9, Dlgs n. 124/2004 art. 5, comma 5, L

n. 236/1993 regime contributivo previdenziale e assistenziale del contributo di solidarietà.

La Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa ha presentato istanza di interpello al

fine di conoscere il parere di questa Direzione generale in ordine al regime contributivo previdenziale ed assistenziale da

applicare al contributo di solidarietà contemplato art. 5, comma 5, L n. 236/1993, per le aziende non rientranti nel campo di

applicazione della cassa integrazione salariale. In particolare, l’istante chiede a quale forma di contribuzione sia assogget-

tabile il contributo spettante all’azienda, laddove quest’ultima decida di erogarlo in favore del lavoratore che in tal modo ver-

rebbe a percepire l’intero trattamento di solidarietà pari al 50% del mote retributivo perso (25% spettante all’azienda + 25%

spettante al lavoratore).

Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale degli ammortizzatori sociali e Io, della Direzione generale

per le politiche previdenziali e assicurative e dell’ufficio legislativo, si rappresenta quanto segue.

Al fine di fornire la soluzione al quesito sollevato, occorre muovere dalla lettura del disposto normativo di cui all’art.

5, comma 5 sopra citato, ai sensi del quale “alle imprese non rientranti nel campo di applicazione dell'articolo 1 del decreto-

legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, che, al fine di evitare o

ridurre le eccedenze di personale nel corso della procedura di cui all'articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, o al fine

di evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo stipulano contratti di solidarietà, viene corrisposto,

per un periodo massimo di due anni, un contributo pari alla metà del monte retributivo da esse non dovuto a seguito della

riduzione di orario. Il predetto contributo viene erogato in rate trimestrali e ripartito in parti uguali tra impresa e i lavoratori

interessati. Per questi ultimi il contributo non ha natura di retribuzione ai fini degli istituti contrattuali e di legge, ivi compresi

gli obblighi contributivi previdenziali ed assistenziali”. La norma, infine, specifica che “ai soli fini pensionistici si terrà conto,

per il periodo della riduzione, dell’intera retribuzione di riferimento (…)”.

Pertanto, con l’erogazione del contributo integrativo in favore dei lavoratori il legislatore ha inteso compensare la

perdita di retribuzione determinata dalla contrazione della prestazione lavorativa in ragione della diminuzione dell’orario di

lavoro nella misura della metà del monte retributivo non dovuto. Il contributo in questione, come espressamente previsto

dal legislatore, non ha natura di retribuzione ai fini degli istituti contrattuali e di legge, nonché per quanto concerne gli

adempimenti di carattere previdenziale e assistenziale.

È altresì possibile che nell’accordo intervenuto tra azienda e rappresentanze sindacali aziendali o unitarie, le parti

prevedano che la quota di contributo spettante al datore di lavoro sia devoluto da questi ai lavoratori.

Per quanto concerne tale quota la stessa, in quanto corrisposta “in relazione al rapporto di lavoro”, ai sensi dell’art.

51, comma 1 del Dpr n. 917/1986, concorre a costituire invece reddito da lavoro dipendente e, in quanto tale, costituisce

base imponibile sia ai fini fiscali che ai fini contributivi. Del resto tali somme, seppur considerate erogazioni liberali, non

sono escluse dall’imponibile contributivo dagli articoli 27 del Dpr n. 797/1955 e 29 del Dpr n. 1024/1965.

Pertanto tali somme, non essendo oggetto di una esclusione espressa, rientrano nella base imponibile ai fini contri-

butivi e costituiscono fonte di una obbligazione contributiva che, di regola, grava tanto sul datore di lavoro quanto sul lavo-

ratore.

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febbraio 2016

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