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novembre 2016

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Studi

Formazione / Studi

Le serie storiche fondate sulla dinamica delle quantità hanno permesso di evidenziare una riduzione dei consumi,

scesi dai 2,7 kg giorno/pro capite del 2000 ai 2,35 kg giorno/pro capite della situazione presente.

Alla contrazione dell’apporto quantitativo di cibo si è, inoltre, associato un cambiamento nelle abitudini di consumo

relative alla dieta mediterranea, che può essere sicuramente interpretato secondo un orientamento più salutistico rispetto al

passato.

Il consumo di pane, pasta e prodotti derivati è diminuito di quattro punti percentuali, passando dal 22% degli anni Ses-

santa al 18% di oggi, mentre quello di carni e salumi, all’apice per diverso tempo negli anni Settanta e Ottanta con una quantità

media di circa 250 grammi pro capite al giorno, si è ridotto del 13% in un arco di tempo abbastanza ristretto, 2010-2016.

Tale comportamento è stato sicuramente incoraggiato dal giudizio dell’Organizzazione mondiale della sanità, che l’an-

no scorso ha denunciato senza mezzi termini la correlazione tra assunzione eccessiva di carni rosse e tumore.

Nel periodo immediatamente successivo alla data di annuncio di questa tesi, ottobre 2015, si è verificato un netto

allontanamento dei consumatori dagli acquisti di carne con una riduzione del 4% dei volumi.

Le famiglie hanno controbilanciato il minore apporto di proteine della carne in due direzioni.

Hanno aumentato gli acquisti di verdura e frutta, che sono arrivati a superare la soglia dei 390 grammi pro capite al

giorno per i vegetali e dei 370 grammi pro capite al giorno per la frutta.

Hanno sostituito le proteine della carne bovina e suina con un maggior consumo di pesce, oggi attestato a circa 60

grammi pro capite al giorno, misura doppia rispetto al livello degli anni 60.

L’orientamento verso uno stile di alimentazione più salutare è riconoscibile anche nella scelta di ridurre gli acquisti di

latte e formaggio, di introdurre nei pasti una maggiore quantità di legumi, di utilizzare l’olio d’oliva quale condimento delle pre-

parazioni in cucina al posto dei grassi animali o di altri grassi vegetali.

La centralità del benessere nelle scelte di consumo si associa al desiderio di sperimentare nuovi prodotti, in particolare

quelli estranei alla nostra tradizione alimentare.

Le indagini più recenti confermano l’interesse verso le preparazioni di altre culture alimentari, il sondaggio dell’Istituto

zooprofilattico sperimentale delle Venezie segnala, ad esempio, che l’85% degli intervistati consuma cibo etnico e il 57,5%

dichiara di averne aumentato la fruizione negli ultimi cinque anni.

I consumatori imparano a conoscere le specialità etniche, quali, ad esempio, riso alla cantonese, sushi, cous cous, nel

mondo della ristorazione, ma non disdegnano di prepararle a casa, come dimostra l’indagine citata con il 61,9% dei casi in cui

questi piatti sono realizzati all’interno delle mura domestiche.

Il luogo di acquisto preferito è certamente quello del supermercato o del superstore, ma una piccola percentuale, il

17,2%, si rifornisce anche presso piccoli negozi alimentari gestiti da stranieri.

Non si arresta la crescita degli acquisti di generi alimentari biologici, le cui vendite hanno quasi raggiunto i 3 miliardi di

euro con una performance del + 20% nel primo semestre del 2016 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

I prodotti “bio” rappresentano in valore ormai il 3% della spesa alimentare complessiva a coronamento di una tenden-

za di sviluppo che investe tutta l’Europa ed è incoraggiata in Italia dal fatto che il Bel Paese è uno dei principali luoghi dove la

produzione biologica si è radicata nel sistema di offerta, seconda solo alla Spagna nella classifica europea.

In questo segmento di mercato la competizione è agguerrita, Australia, Stati Uniti e Uruguay sono i principali competi-

tor globali, ma il punto di forza del nostra produzione è nel quadro di norme, che ha disciplinato l’agricoltura biologica, un

sistema di coltivazione e di allevamento in grado di impiegare esclusivamente sostanze naturali, respingendo il ricorso a con-

cimi, diserbanti, insetticidi, così come ad antibiotici ormoni ed altre sostanze, che possono stimolare artificialmente la crescita

dei prodotti alimentari e la produzione di latte dei capi di allevamento.

In Italia il successo bio nasce dal primato della qualità e genuinità degli alimenti nelle aspettative del consumatore,

sempre più attento a leggere sulle etichette le informazioni che individuano luogo di origine, ingredienti e modalità di produzio-

ne e allevamento.

Un altro punto di forza nella tutela della qualità enogastronomica risiede nella certificazione delle origini della specialità

alimentare o del suo metodo di produzione e l’Italia si conferma, con i suoi 846 prodotti, il primo paese al mondo per numero

di alimenti, vini e alcolici con denominazione di origine (controllata o garantita o protetta), oppure indicazione geografica tipica,

oppure specialità tradizionale garantita.