Table of Contents Table of Contents
Previous Page  16 / 177 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 16 / 177 Next Page
Page Background

maggio 2016

Sindacale / Sicurezza sul lavoro

16

Leggi decreti circolari

In riferimento a tale ricostruzione, d'intesa con la Direzione generale delle relazioni industriali, la scrivente ritiene tutta-

via che, in caso di deposito presso la Dtl dei verbali di conciliazione in sede sindacale, il direttore dell'Ufficio territoriale debba

verificare - oltre all'autenticità dell'atto, come espressamente richiesto dall'inciso dell'art. 411, co. 3, cpc - anche, e in primo

luogo, la stessa integrazione della fattispecie della valida conciliazione in sede sindacale, che deve avvenire “presso le sedi e

con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative”, come

dispone l'art. 412-ter cpc.

Infatti, il collegamento fra il momento del deposito e quello di una verifica del rispetto delle procedure di fonte contrat-

tual-collettiva, che la circolare del 1975 ricostruiva in via interpretativa, mantiene la sua validità anche in relazione all'attuale

contesto ordinamentale, nel quale è stato espunto dall'art. 410 cpc il richiamo esplicito alle “procedure di contratto o accordo

collettivo”, risultando anzi tale collegamento, nel mutato contesto, maggiormente incisivo nel riferimento dell'art. 412-ter cpc a

sedi e modalità “previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative”. La revi-

sione della disposizione di cui all'art. 410 cpc non ha infatti comportato il venir meno della norma in esso espressa nella previ-

gente formulazione, che impone il rispetto, in caso di conciliazioni sindacali, di procedure di fonte contrattual-collettiva, e che

resta presente nell'ordinamento indipendentemente dalla sedes materiae, attualmente traslata nella autonoma disposizione

dell'art. 412 ter cpc.

Tale impostazione è altresì sorretta da ulteriori incisivi argomenti.

In primo luogo, il riferimento alla stessa fattispecie di diritto sostanziale alla base delle disposizioni procedurali, cioè la

norma sulle rinunzie e transazioni ex art. 2113 cc, in cui l'invalidità dell'atto dispositivo, prevista in generale, soffre un'eccezio-

ne ove esso sia posto in essere in una delle

cc.dd.

“sedi protette” previste dal legislatore, cioè nel caso in cui la conciliazione

sia “intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410, e 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile” (cfr. art. 2113 cc, ult.

co.). Il riferimento, fra gli altri, all'art. 412-ter cpc rende evidente la scelta ordinamentale di limitare le conciliazioni ex art. 2113

cc a sedi che garantiscano un certo gradiente di “istituzionalizzazione”.

In secondo luogo l'art. 410 cpc, laddove fa riferimento alla “associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferi-

sce mandato”, senza ulteriori specificazioni, si riferisce evidentemente al soggetto che può proporre il tentativo di conciliazione

presso le commissioni di conciliazione, in via peraltro solo eventuale e non necessaria, trattandosi di facoltà riconosciuta diret-

tamente in capo al lavoratore. Nell'economia della norma, quindi, tale riferimento individua il soggetto sindacale nello svolgi-

mento di una funzione di consulenza e assistenza e non di una funzione propriamente conciliativa, che può esplicarsi solo

nelle "sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentati-

ve", secondo la chiara disposizione dell'art. 412-ter cpc.

Infine, il controllo previsto dall'art. 411 cpc circa l'accertamento della autenticità del verbale di conciliazione in sede sin-

dacale, lungi dal limitare la verifica richiesta al direttore degli Uffici territoriali ad un rilievo esclusivamente "notarile", non costi-

tuisce argomento determinante in senso contrario alla ricostruzione qui proposta, dato che la previsione richiamata era pre-

sente anche nel testo previgente dell'articolo in commento.

Pertanto, è possibile, rispondere in modo affermativo al quesito posto da codesto Ufficio, nel senso che per l'utile

espletamento dell'attività di deposito di verbali ex art. 411 cpc, il soggetto sindacale deve risultare in possesso di elementi di

specifica rappresentatività. In riferimento alle difficoltà operative che comporterebbe per gli Uffici la verifica di tale requisito,

espressamente segnalate da codesta Direzione, si ritengono ancora pienamente valide le indicazioni offerte sul punto dalla

citata circolare ministeriale del 1975, la quale prevede (punto C, in chiusura) che “al fine di svolgere l'accertamento d'ufficio, il

direttore può richiedere alle parti sindacali di apporre sul verbale espressa dichiarazione di avere adottato le predette procedu-

re”, intendendosi per tali non più meramente quelle “previste da contratti o accordi collettivi” del testo previgente dell'art. 410

cpc, bensì quelle “previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative” di cui

all'art. 412-ter cpc.

Tale indicazione appare infatti coerente con la necessità di “sistemizzare” le modifiche dell'istituto sedimentatesi negli

anni, e condivide la linea di "responsabilizzazione" del sistema di relazioni industriali propria della circolare del 1975, non

smentita dalle profonde modifiche che hanno interessato tale sistema, la quale non impone ai direttori degli Uffici territoriali

verifiche tecnicamente complesse e suscettibili di incidere virtualmente sulle prerogative sindacali (in specie nel mutato quadro

attuale di valorizzazione del criterio della maggiore rappresentatività), ma, nel pieno rispetto dell'art. 39 Cost., sposta al livello

dell'autoregolamentazione sindacale la responsabilità del rispetto e della corretta applicazione delle indicazioni di fonte legisla-

tiva.