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Società di comodo – Salta il divieto all’esercizio della detrazione IVA – Corte di Giustizia UE

Come noto è previsto uno specifico regime di tassazione per le c.d. ''società non operative'' (art. 30 della Legge n. 724/94).

In particolare, le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non operative se l'ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore ai ricavi minimi presunti, stimati mediante il c.d. “test di operatività”.

Ai fini IVA, il predetto art. 30, co. 4, L. n. 724/94 prevede:

  • la preclusione al rimborso del credito IVA, alla compensazione del credito nel modello F24, ovvero alla cessione del credito stesso a terzi, per le società che risultano di comodo per il periodo d'imposta con riferimento al quale il credito IVA viene esposto in dichiarazione;
  • la preclusione alla compensazione del credito anche con il debito IVA delle successive liquidazioni periodiche, per società di comodo che per tre periodi d'imposta non effettuino operazioni IVA per un importo almeno pari ai ricavi minimi presunti.

La Corte di Giustizia dell’UE ha ritenuto quest’ultima disposizione non compatibile con la direttiva 2006/112/Ce sotto un duplice profilo.

Ai sensi dell’art. 9 della direttiva 2006/112/Ce, si considera soggetto passivo “chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività”.

Pertanto, la qualifica di soggetto passivo non può essere subordinata alla condizione che la persona effettui operazioni rilevanti ai fini IVA per un importo superiore a una soglia di reddito fissata preventivamente, la quale corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale soggetto dispone. Per essere considerato soggetto passivo Iva occorre l’esercizio effettivo di un’attività economica, senza vi siano ricavi minimi da garantire.

In merito alla detrazione dell’IVA, la Corte ha osservato che questo diritto costituisce parte integrante del meccanismo dell’imposta e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni.

Per beneficiare della detrazione devono essere soddisfatte due condizioni:

  • l’interessato deve essere un soggetto passivo;
  • i beni o i servizi devono essere utilizzati “a valle” dal soggetto passivo per le proprie operazioni rilevanti ai fini dell’imposta e, “a monte”, detti beni e servizi devono essere stati forniti da un altro soggetto passivo.

Nessuna disposizione della direttiva IVA subordina il diritto alla detrazione alla circostanza che l’importo delle operazioni soggette a imposta, effettuate da un soggetto passivo durante un determinato periodo, raggiunga una certa soglia.

La Corte ha infine evidenziato che al soggetto passivo si può negare il diritto alla detrazione qualora sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che quest’ultimo è invocato fraudolentemente o abusivamente.

Tuttavia, la presunzione prevista dall’art. 30 in esame si basa su un criterio (una soglia di ricavi) diverso da quelli indicati dalla giurisprudenza unionale per dimostrare la sussistenza di un’evasione fiscale o di un abuso di diritto.

(Corte di giustizia dell'UE 7.3.2024 n. C-341/22)


12/03/24