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Pagamenti tracciabili per le trasferte all’estero: l’Agenzia delle entrate conferma che non sono più richiesti

Come noto, in materia di indennità per trasferte o missioni di lavoratori dipendenti, i rimborsi delle spese per vitto, alloggio, viaggio e trasporto effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea, per le trasferte o le missioni di cui al presente comma, non concorrono a formare il reddito se i pagamenti delle predette spese sono eseguite con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’art. 23, D. lgs. n. 241/19 (art. 1, co. 81, lett. a), L. 207/2024, legge di bilancio 2025, ha modificato l’art. 51, co.5, TUIR).

In sintesi, al fine della non concorrenza al reddito di lavoro dipendente dei rimborsi spese di cui al citato co. 5 dell’art. 51, il dipendente deve effettuare i relativi pagamenti con mezzi diversi dal contante.

Successivamente, l’art. 1, co. 1, lett. b), D.L. n. 84/2025 ha modificato il citato periodo del comma 5, aggiungendo dopo le parole “i rimborsi delle spese” le parole “sostenute nel territorio dello Stato”.

Nella fattispecie in esame, l'Istante ha rappresentato che i propri dipendenti possono essere inviati in missione e/o in trasferta in Paesi in cui gli strumenti di pagamento tracciati non sono diffusi.

Ciò premesso, l'Istante ha chiesto quale debba essere il corretto trattamento fiscale nel caso in cui il dipendente effettui una missione e/o una trasferta in un Paese in cui non è possibile effettuare un pagamento tracciato.

L’Agenzia delle entrate, a seguito della citata ultima modifica legislativa, ha affermato che, ai fini della non imponibilità dei rimborsi spese ai dipendenti per missioni e/o trasferte effettuate al di fuori del territorio dello Stato, non è più richiesta la tracciabilità del pagamento. 

(Risposta dell’Agenzia delle entrate n. 188 del 10 luglio 2025)


16/07/25