Diritto a detrazione – Controvalore effettivo della prestazione di servizi
Con la risposta in esame, l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito al diritto alla detrazione dell’IVA e controvalore effettivo della prestazione di servizi
L’Agenzia delle entrate ricorda che, in forza del disposto di cui all’art. 168 della direttiva 2006/112/Ce, il soggetto passivo può detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore “l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo”.
Ne consegue che il diritto spetta non soltanto con riferimento all’imposta versata, quanto anche relativamente a quella dovuta, vale a dire quella che deve essere ancora pagata.
Il termine “dovuta” si riferisce infatti ad un debito tributario esigibile e presuppone quindi che il soggetto passivo abbia l'obbligo al versamento dell'importo dell'IVA che intende detrarre in quanto imposta a monte.
Ciò premesso, per l’Agenzia delle entrate, tali principi sono ammissibili laddove esista una corrispondenza tra il valore del bene o della prestazione “concretamente ricevuta” e il corrispettivo dovuto; un conto è la realtà economica, altro la “rappresentazione cartolare” della stessa.
Nella risposta in esame viene ricordato come il tema del rapporto tra “principio di cartolarità” e principio di neutralità dell'IVA sia stato più volte affrontato nella giurisprudenza della Cassazione e della Corte di Giustizia UE.
In particolare, secondo la giurisprudenza il mero possesso della fattura non legittima il diritto a detrazione dell'IVA, che deve essere coerente con l'operazione sottostante, con la conseguenza che il committente non è legittimato a portare in detrazione l'IVA indebitamente fatturata laddove non sussista corrispondenza tra rappresentazione cartolare e reale operazione economica, ovvero tale corrispondenza non sia ripristinata con la procedura di variazione.
Questo principio vale anche quando tale ripristino non sia più possibile, essendo decorso più di un anno dalla data di emissione della fattura, ovvero il limite disposto dall'art. 26, co. 3, DPR. n. 633/72 per l'emissione della nota di variazione in caso di sopravvenuto accordo tra le parti.
(Risposta dell’Agenzia delle entrate n. 426 dell’11 settembre 2023)
13/09/23