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E’ Milano la prima città italiana per l’occupazione femminile, il 65% delle donne residenti in città - tra i 20 e i 64 anni - ha un lavoro. Una percentuale che colloca il capoluogo lombardo ai livelli delle grandi capitali del nord Europa: Helsinsky 74,8%, Parigi 69,9%, Copenaghen 69,5%, Berlino 67,6%; superando Lugano 62,5%, Madrid 61,7%, Londra 60,4%, Roma 57,9% e Bruxelles 46,7%. La percentuale di Milano supera anche la media europea attestata al 60,4% e ovviamente quella italiana ferma al 47,2%.

Questo il quadro descritto dal rapporto “A Milano il lavoro è donna. Il mercato del lavoro milanese in un’ottica di genere” curato da Roberto Cicciomessere, Lorenza Zanuso, Anna Maria Ponzellini e Antonella Marsala per Italia Lavoro Spa e presentato questa mattina  dall’assessore alle Politiche per il Lavoro, Attività produttive e Commercio Cristina Tajani presso il Centro Culturale di Milano, in Largo Corsia dei Servi.

La ricerca, condotta su oltre 421mila donne, ha permesso di delineare tre profili fondamentali di lavoratrici milanesi. 

Le “professionals” che rappresentano il 36% del campione: si tratta di residenti a Milano (55%) e pendolari (45%), giovani-adulte, per la quasi totalità italiane (le straniere sono l’11%) e per tre quarti dipendenti (le autonome e le collaboratrici sono il 26%: il 17% è libera professionista) che, nonostante siano tutte laureate e svolgano quasi esclusivamente lavori altamente qualificati, sono inquadrate per metà come impiegate, il 16% come quadro e solo il 4% come dirigenti. In maggioranza sono coniugate o coabitanti e single, ma solo la metà ha figli.  

Le “unskilled” costituiscono il 17,4% delle lavoratrici. Si caratterizzano per un'elevata quota di residenti a Milano (64%), mature (75%), straniere (40%), dipendenti (90%), di operaie (60%). Queste ultime svolgono prevalentemente il lavoro di addette ai servizi di pulizia, ma sono anche sarte e costumiste che lavorano molto spesso part-time. Hanno conseguito al massimo la licenza media (99,5%) e, di conseguenza, svolgono quasi esclusivamente professioni mediamente qualificate (54%) e non qualificate (42%): colf, cameriere, servizi di pulizia, commesse e badanti, nei settori dei servizi alla persona (35%), dei servizi alle imprese (18%), negli alberghi e ristoranti (14%) e nel commercio (11%).

Infine “le diplomate” che con il 46,6% rappresentano il gruppo più rilevante, composto quasi per metà da donne residenti e non residenti a Milano, da mature (61%), da italiane (81%), da impiegate (61,8%) e da operaie (22%). Lavoratrici che svolgono professioni mediamente qualificate (48%) e altamente qualificate (39%), come professori di scuola primaria, contabili, tecnici della salute (professioni sanitarie infermieristiche, riabilitative e della diagnostica) e del mercato, sportellisti di banca, nei settori dei servizi alle imprese (23%), della sanità (18%) e dei servizi alla persona (17%).

Le lavoratrici milanesi esercitano professioni mediamente più qualificate rispetto a quelle che lavorano a Roma o in altre città, nonostante la presenza nella capitale di un alto numero di funzionari e di dirigenti della Pubblica Amministrazione. Se quasi metà delle donne milanesi esercita professioni altamente qualificate (47,9%), tra gli uomini questa quota è superiore (52,8%): un’anomalia rispetto al resto del Paese dove la maggior parte delle donne svolge professioni mediamente qualificate e non qualificate.

Analizzando nel dettaglio le professioni, le differenze di genere sono molto accentuate: una percentuale più elevata di donne esercita le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, impiegatizie, quelle qualificate nelle attività commerciali e nei servizi e nelle professioni non qualificate, mentre la percentuale degli uomini è superiore a quella delle donne tra i legislatori, imprenditori e alta dirigenza, nelle professioni tecniche, tra gli artigiani e gli operai specializzati e i conduttori d’impianti, operai di macchinari e autisti. Inoltre, si registra una quota più elevata di giovani adulte che esercita professioni altamente qualificate che in precedenza erano appannaggio esclusivo degli uomini.

Per concludere, lo studio dimostra come a Milano sia consolidato nella pratica il modello della coppia “dual earners (“si lavora in due”) – e in qualche caso anche “dual caregivers” (“ci si occupa dei figli in due”) - come base per le convivenze familiari. Anche se ben un quarto delle milanesi dopo i trent’anni è di fatto single.

Qui la ricerca completa

 

25/10/16
Categoria: Impresa e Istituzioni

Tipologia: Milano Provincia

 
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